Il Datagate di Cambridge Analytica e Facebook spiegato semplicemente

In questi giorni su tutti i media vedete il faccione di Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, che si scusa pubblicamente dello scandalo Cambridge Analytica accollandosi tutte le colpe. Il fatto ha avuto un impatto così rilevante da provocare un crollo delle azioni della piattaforma social. Ma cosa è successo veramente?

I fatti in pillole.

Regno Unito, Università di Cambridge. Aleksandr Kogan realizza un’applicazione che si chiama “thisisyourdigitallife”, per utilizzarla gli utenti dovevano collegarsi utilizzando Facebook Login, il sistema che permette di iscriversi a un sito senza la necessità di creare nuovi username e password. Come oramai sappiamo bene il servizio è apparentemente gratuito, ma come spesso avviene online è in realtà “pagato” con i dati degli utenti.

All’epoca Facebook permetteva ai gestori delle applicazioni di raccogliere anche dati sulla rete di amici della persona appena iscritta, senza che fossero avvisati (la possibilità era comunque indicata nelle infinite pagine delle condizioni d’uso di Facebook).

L’applicazione di Kogan fece in tempo a raccogliere i dati sulle reti di amici dei 270mila suoi iscritti, arrivando quindi a memorizzare informazioni di vario tipo su 50 milioni di profili Facebook (la stima è del New York Times e del Guardian).

Cambridge Analytica è specializzata nel raccogliere dai social network un’enorme quantità di dati sui loro utenti: quanti “Mi piace” mettono e su quali post, dove lasciano il maggior numero di commenti, il luogo da cui condividono i loro contenuti e così via. Queste informazioni sono poi elaborate da modelli e algoritmi per creare un sistema di “microtargeting comportamentale”, che tradotto significa: pubblicità altamente personalizzata su ogni singola persona.

I problemi sono nati quando Kogan ha condiviso tutte queste informazioni proprio con Cambridge Analytica, violando i termini d’uso di Facebook. Quindi dati ottenuti legalmente. Ma non potevano essere ceduti a terzi.

Il social network vieta infatti ai proprietari di app di condividere con società terze i dati che raccolgono sugli utenti.

A quanto sembra, (e le scuse pubbliche di Zuckemberg lo confermano) Facebook sapeva ma ha sottovalutato o nascosto la cosa. Questo è il vero problema, tutto il resto è solo un problema culturale e se continuate a leggere vi spiego il perché.

Cambridge Analytica ha influenzato le campagne elettorali, e allora?

Abbiamo spiegato cosa fa Cambridge Analytica, quello che però ha suscitato molto scalpore è stato il fatto che abbia utilizzato i dati (di Kogan) per influenzare la campagna presidenziale americana e quella referendaria del Regno Unito arrivando a far trionfare rispettivamente Donald Trump e la Brexit. Come? FAcendo comparire post ai singoli profili Facebook e a determinati bacini di utenza messaggi mirati, capaci di colpire nel segno. La tua città ha problemi di traffico? Trump risolverò i problemi di traffico. Troppi omicidi? Ecco come Trump risolverà la questione.

Niente di sconvolgente, visto che Cambridge Analytica è stata fondata nel 2013 da Robert Mercer, un miliardario imprenditore statunitense con idee molto conservatrici. Lui ha fatto solo il suo interesse. Tra l’altro, sembra comprovato che anche Barack Obama abbia sfruttato Facebook per la sua campagna elettorale.

La maggior parte delle persone si fanno influenzare da un mondo virtuale più che da quello reale. Alla fine i post su Facebook, che siano sponsorizzati o meno sono la stessa cosa dei cartelloni politici che troviamo lungo le strade o i discorsi tra amici al bar. La differenza è che ciò che passa in rete viene messo in modo tale che riesce a colpirci nel segno più di qualsiasi altra forma di propaganda.

Facebook e gli altri social sono una gran cosa, spesso utili ed anche divertenti ma non sempre la realtà. Cercate di farvi una vostra idea basandovi su canali più “istituzionali”, diversificando le fonti di informazione.

Desidero ringraziare Lucia per aver contribuito alla realizzazione dell’articolo. A presto!

Be the first to comment

Leave a Reply

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*